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    Spreco di talenti nell'universo rosa: l'occupazione femminile è ferma al 46%. Per la prima volta, il governatore della Banca d'Italia parla della questione delle donne, che caratterizza il nostro Paese.

    Donne e lavoro: è sempre il solito tormentone. Ma questa volta a discuterne è la voce autorevole del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, alla luce dei dati emersi dall’ultimo rapporto annuale dell’Istat, presentato pochi giorni fa.

    Draghi ha denunciato la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro, definendola un fattore cruciale di debolezza del sistema.

    L’occupazione femminile in Italia, di 20 punti minore rispetto a quella maschile, è più bassa che in quasi tutti i paesi europei, soprattutto per le donne con figli. Anche le retribuzioni, a parità di istruzione ed esperienza, sono inferiori del 10% a quelle maschili.

    Eppure, come confermano i numerosi studi che attestano che le imprese con consigli di amministrazione misti hanno risultati migliori, la parità di genere tra gli occupati potrebbe produrre incrementi del Pil del 13% nell’Eurozona e del 22% in Italia. Ma mancano i servizi, e un’organizzazione del lavoro volta a consentire una migliore conciliazione tra vita privata e lavoro.

    Non a caso le donne, pur entrando, negli ultimi decenni, in tutti i corsi di studio, pur leggendo di più e frequentando spessissimo mostre, cinema, musei, concerti, hanno maggiori difficoltà d’accesso nel mondo del lavoro, una maggior frequenza di interruzioni soprattutto per motivi legati alla nascita dei figli, e una maggiore esposizione alla precarietà.

    Inoltre è sempre più incidente la sovra-istruzione delle donne rispetto ai lavori svolti, indice di una mancata valorizzazione del capitale umano femminile, così come anche la scarsa presenza nei luoghi decisionali.

    L’indagine di Cerved Group sulle aziende italiane con più di 10 milioni di fatturato, afferma che a fine 2010, meno di un’impresa su due aveva tra i propri amministratori una donna, nonostante il progetto di legge Golfo-Mosca sulle quote rosa nei cda.

    Le dirigenti, nel 2010, sono diminuite del 10,1%. Al contrario, le donne impiegate sono il 60%, e a questa condizione si fermano soprattutto dopo che diventano madri.

    Tra le politiche da adottare, per arginare il fenomeno negativo, marchio nero dell’Italia, occorrerebbe un aumento degli asili nido, del part time e congedi parentali condivisi e pagati più del 30% di oggi. (Ilaria Laudisa)

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    Diminuisce il numero dei nuovi nati in Italia. Ora anche le donne straniere hanno smesso di fare figli. La media di bambini per donna è più alta nelle regioni in cui i servizi per la maternità sono più diffusi ed efficienti.

    Il numero dei nati nel 2010 è diminuito dell’1,2% rispetto al 2009. Sembrava che, negli ultimi anni, gli italiani avessero ripreso a fare figli, grazie soprattutto al notevole apporto degli extracomunitari. L’incidenza delle nascite di bambini stranieri, infatti, è passata dal 4,8% del 2000 al 13,9% del 2010. Poi, anche le donne straniere hanno smesso di fare figli. Colpevole la crisi.

    Oggi la media italiana è di 1,42 figli per donna, molto bassa se si pensa che la media europea è di 1,6% e quella degli Usa è di 1,9%.

    Il dato cresce nelle regioni in cui le donne possono contare su servizi alla maternità più efficienti: è il caso della Valle d’Aosta, della Lombardia, del Trentino Alto Adige e della Toscana.

    Mentre, laddove scarsa attenzione viene posta nei confronti delle mamme, le percentuali scendono, come in Sardegna, Molise e Basilicata.

    La strada giusta da seguire, quindi, per permettere alle donne di fare più figli è quella dell’incremento e del miglioramento dei servizi offerti alle mamme, soprattutto a quelle che lavorano, o che vorrebbero farlo. Il fatto che il decremento delle nascite si sia registrato maggiormente al Sud, mentre appare più lieve al Centro e al Nord-est, la dice lunga. (Ilaria Laudisa)

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    L’obiettivo di Strasburgo è quello di raggiungere, entro il 2015, una rappresentanza femminile, nelle aziende, del 40%.

    Per alcuni paesi il traguardo è ancora troppo lontano, se non irraggiungibile, per altri è già realtà, grazie all’adozione di misure proattive da parte delle imprese e dei governi nazionali.

    Ora l’Europarlamento invita le autorità nazionali a utilizzare al meglio le opportunità di finanziamento destinate alle donne, tramite sovvenzioni speciali e abbuoni dei tassi d’interesse. Vengono sollecitati anche i corsi e i tirocini nelle Università, destinati alle donne che vogliono creare imprese.

    Se si guardano i dati, intanto, risulta che nel 2008, nell’Ue, il 60% dei titoli universitari è stato conseguito da donne, ma solo il 10% dei membri di Consiglio delle società europee è rosa.

    La Francia, nell’ambito dei paesi che si stanno mobilitando per aumentare la presenza femminile negli organi amministrativi, ha adottato una legge per il raggiungimento delle quote rosa del 40% nei Cda delle maggiori imprese; anche la Spagna, dal 2007, si sta muovendo in questa direzione, così come l’Italia, o, almeno, si spera. (Ilaria Laudisa)

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    Le novità relative al congedo di maternità prevedono che, nei casi di interruzione di gravidanza, successivamente al 180° giorno dalla gestazione, la lavoratrice può riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, qualora il medico attesti che il rientro anticipato non pregiudica il suo stato di salute.

    Per quanto riguarda il congedo straordinario per assistenza ai portatori di handicap grave, è stata rivista la platea dei soggetti che hanno diritto a fruire del permesso. Ha diritto al congedo il coniuge convivente con la persona disabile. In caso di mancanza di questi, possono usufruirne il padre o la madre. Il diritto passa ai figli in caso di decesso o impedimento dei genitori, o ai fratelli e sorelle conviventi qualora il disabile non abbia figli.

    Il permesso può essere fruito anche se la persona disabile è ricoverata a tempo pieno e qualora i sanitari ne attestino la necessità.

    Il congedo straordinario per motivi di studio dei pubblici dipendenti ammessi ai corsi di dottorato di ricerca prevede la discrezionalità dell’amministrazione in caso di dipendenti contrattualizzati. La fruizione viene comunque esclusa per i dipendenti che abbiano già il titolo di dottore di ricerca e per quelli che abbiano fruito del congedo con iscrizione ai corsi di dottorato per almeno un anno accademico.

    I lavoratori mutilati e agli invalidi civili, ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, possono usufruire, ogni anno, di un congedo per cure per un periodo complessivo non superiore ai 30 giorni, anche frazionato. Tale congedo viene, ora, retribuito, secondo il regime delle assenze per malattia, previa presentazione di idonea documentazione dell’avvenuta sottoposizione a cure. (Ilaria Laudisa)

    Fonte: Italia Oggi

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