Il professionista non è tenuto a risarcire il danno per la consulenza sbagliata

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La sentenza della Corte di Cassazione n. 21700 del 20/10/2011 assolve il consulente del lavoro incriminato, in quanto il professionista non è tenuto a risarcire il danno per la consulenza sbagliata, se è il frutto di un'interpretazione di un confuso quadro normativo.

 

 

 

La controversia nasce tra un notaio romano e il suo consulente del lavoro, che nel 2000 gli aveva consigliato di versare i contributi previdenziali di alcuni dipendenti dello studio in misura fissa, secondo quanto previsto all’epoca per i giovani assunti con contratto di apprendistato.

Questo inquadramento non è stato ritenuto corretto dall’Inps, che ha sanzionato il notaio per omissione contributiva. Il notaio fa allora causa al consulente del lavoro, chiedendo il risarcimento dei danni.

Il Tribunale dà ragione al notaio, ma in sede d’appello il giudizio viene ribaltato a favore del consulente. Questi, infatti, aveva insistito sulla sua risoluzione, forte della nozione di impresa fatta propria dal diritto comunitario. Proprio sulla base del conflitto normativo tra legge nazionale e disciplina europea, è esclusa la colpa grave del professionista.

La Cassazione conferma la decisione di secondo grado, affermando che “nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la responsabilità del professionista a meno che abbia agito con dolo o colpa grave”, come stabilito dall’articolo 2236 del codice civile. (G-Ilaria Laudisa)